Vuoto quantistico
Non avremmo mai detto che il vuoto generi dal nulla, come in un gioco di prestigio, particelle elementari! Il fatto è tanto più strano se si riflette sulle seguenti considerazioni. Il vuoto, ovvero una regione da cui è stata tolta ogni particella di materia e di energia, per poter generare elettroni o altre particelle deve avere le istruzioni per farlo: la massa, la carica elettrica e lo spin. Dove ha memorizzate queste informazioni? Da dove prende, il vuoto, l’energia per creare queste particelle? Supposto che il vuoto generi particelle elementari, chi stabilisce il ritmo, ovvero quante particelle di un dato tipo deve generare al secondo per metro cubo di spazio? Per evitare delusioni diciamo subito che, a queste domande, per adesso, si hanno solo risposte parziali. Quello che è sicuro è che il fenomeno esiste perché è stato verificato sperimentalmente. Le particelle generate dal vuoto sono dette virtuali perché contrastano, per il tempo fra la creazione e l’annichilazione, il principio di conservazione dell’energia. Agli inizi degli anni ’50, W. E. Lamb dimostrò in una celebre serie di esperimenti la presenza di coppie virtuali elettrone-positrone polarizzate nello spazio vuoto intorno ad una carica elettrica. La carica elettrica polarizza, cioè orienta, le coppie virtuali intorno ad essa e, per effetto di questa orientazione, la carica elettrica risulta parzialmente schermata. Quindi risultano modificati anche i livelli di energia potenziale di un’altra carica elettrica intorno alla precedente. Questa variazione di energia e la corrispondente variazione in frequenza è detta Lamb shift. Nel 1958 presso i laboratori Philips in Olanda è stata verificata la generazione di fotoni virtuali nel vuoto con la verifica sperimentale dell’effetto Casimir. Si può capire intuitivamente l’origine di questa creazione dal nulla ricordando che per il principio di indeterminazione di Heisenberg tempo-energia e per l’equivalenza massa-energia della teoria della relatività speciale, in qualunque punto dello spazio vuoto per un tempo ∆t sufficientemente breve è probabile la presenza di un fotone virtuale o di una coppia virtuale particella-antiparticella. Il “ritmo di produzione” cioè la distribuzione di energia di queste particelle virtuali è stabilito, a meno di una costante moltiplicativa, dalla teoria della relatività: solo una data distribuzione di energia del vuoto fa sì che questo sia invariante per i vari osservatori. A questo punto viene spontaneo chiedersi se questo meccanismo può generare dal nulla anche materia stabile (non virtuale). Una teoria sostiene proprio questa possibilità, ma non è stata ancora verificata sperimentalmente. (Igino Ferrari)
Ultima revisione il 27-01-2023